Dall’antica significanza della voce latina Cingulum: “ripiano sporgente sul versante di un monte” o, con esito pressoché analogo, “sporgenza rocciosa cingente in tutto o in parte un monte”.
L’origine di Cingoli, l’antica Cingulum dei Romani, è stata generalmente collegata al nome di Tito Labieno, luogotenente di Giulio Cesare in Gallia. Parlando della sua avanzata nel Piceno quest’ultimo menziona infatti Cingulum “quod oppidum labienus constituerat quaque pecunia exaedificaverat” e ricorda il contributo in uomini che essa aveva dato al suo partito nella guerra civile.
L’omogeneità del tessuto urbano corrisponde a una forte coesione ambientale: l’abitato, la cui salubrità climatica è proverbiale ormai da cinque secoli, si inserisce armonicamente in un paesaggio dove l’opera dell’uomo e quella della natura si sono perfettamente integrate valorizzandosi a vicenda.
L’antica varietà dei colori caldi degli intonachi delle facciate degli edifici, che si susseguono ininterrotammente lungo l’arteria principale della città o si ergono isolati in qualche suggestiva piccola via secondaria, armoniosamente intercalata dall’austerità della pietra degli eleganti portali rinascimentali emanano una sensazione di calma e rara atemporalità. Una suggestiva atmosfera rafforzata dalla chiusura del centro alla circolazione automobilistica nelle ore pomeridiane e serali.
Il visitatore, anche il più assorto, è subito rapito, in modo quasi discreto, da angoli e scorci di grande impatto scenico ed emotivo che Cingoli rivela durante le diverse ore del giorno.