Un'epigrafe lascia supporre che Labieno sia arrivato a Efeso riuscendo quindi ad ottenere il controllo dell'Asia occidentale intorno al 40 a.C. Nelle varie località vennero messe delle guarnigioni composte però da poche milizie: non servivano infatti molti soldati per occupare e tenere sotto controllo delle terre praticamente disarmate, lasciate sguarnite da Antonio e Ottaviano. Nel settembre del 40 a.C. Antonio e Ottaviano si incontrarono a Brindisi e stipularono un accordo che prevedeva fra l'altro la divisione delle zone di pertinenza lasciando al secondo il controllo delle province orientali. Nella primavera del 39 a.C. Ottaviano inviò P. Ventidio Basso con un esercito di 11 legioni per combattere i Parti e Labieno. I primi interventi sono in Asia contro Labieno che aveva con sè solo poche forze romane e nessun rinforzo partico. Alle pendici del monte Tauro l'esercito romano si scontrò con le truppe partiche che vennero prontamente sconfitte. La situazione volgeva oramai al termine per Labieno e il suo esercito, molti dei suoi soldati infatti disertarono e passarono dalla parte di Ventidio. Labieno, cambiandosi d'abito come ci ricorda Dione, scappò in Cilicia dove venne catturato da Demetrio, un liberto di Cesare inviato a Cipro da Antonio, e successivamente giustiziato. Ventidio continuerà vittoriosamente la campagna contro i Parti nel 39-38 a .C. e a Gindaro, nella Cirrestica, si combattè la battaglia decisiva con la morte di Pacoro.
Si domanda Noè, "che dire di Labieno? Sembra evidente che egli intendeva proporsi come un romano e un pompeiano, che in tempi di estremizzazione della lotta politica e privatizzazione della cosa pubblica rivendicava a sé una sfera territoriale di influenza in Oriente: proprio quello che stava perseguendo Sesto Pompeo in Occidente (...) Certo, la sua fine ingloriosa dimostra la improbabilità del suo progetto, la mancanza di coordinamento, di capacità operativa tra le forze, la divaricazione tra una funzione di leadership e le qualità necessarie per gestirla" (8).