Scrive il Mommsen a proposito di Labieno. "Negli affari politici come in quelli militari Cesare decideva assolutamente in prima ed ultima istanza. Per quanto egli tenesse in onore ogni utile strumento, questo non era però che uno strumento; Cesare non aveva compagni nel suo partito, gli facevano corona soltanto aiutanti politico-militari, reclutati ordinariamente nelle file dell'esercito ed abituati soldatescamente a non chiedere mai il perché e lo scopo di tale o tale altra operazione, ma a prestare cieca obbedienza. Questo fu il motivo per cui, quando cominciò la guerra civile, di tutti i soldati e di tutti gli ufficiali di Cesare non vi fu che uno solo, il quale si rifiutò di ubbidire, e questi fu appunto il migliore di tutti, il che prova la verità di quanto abbiamo detto intorno ai rapporti tra Cesare ed i suoi partigiani. Tito Labieno aveva diviso con Cesare tutte le tribolazioni della triste epoca catilinaria e tutto lo splendore della vittoriosa carriera gallica, aveva ordinariamente avuto il diretto comando delle truppe e spesso si era trovata sotto i suoi ordini la metà dell'esercito; egli era certamente il più anziano, il più formidabile ed il più fedele degli aiutanti di Cesare ed anche il più considerato e il più onorato.