(29) Appiano di Alessandria, Historia Romana, libro XIV, De bellis civilibus II, 95: Ἀντεπῄεσαν δ' αὐτῷ Λαβιηνός τε καὶ Πετρήιος, οἱ τοῦ Σκιπίωνος ὑποστράτηγοι, καὶ ἐκράτουν τῶν Καίσαρος παρὰ πολὺ καὶ τραπέντας ἐδίωκον σοβαρῶς μετὰ καταφρονήσεως, μέχρι Λαβιηνὸν μὲν ὁ ἵππος ἐς τὴν γαστέρα πληγεὶς ἀπεσείσατο καὶ αὐτὸν οἱ παρασπισταὶ συνήρπαζον, ὁ δὲ Πετρήιος, ὡς ἀκριβῆ τοῦ στρατοῦ λαβὼν πεῖραν καὶ νικήσων, ὅτε βούλεται, διέλυε τὸ ἔργον ἐπειπὼν τοῖς ἀμφ' αὐτόν· « Μὴ ἀφελώμεθα τὴν νίκην τὸν αὐτοκράτορα ἡμῶν Σκιπίωνα» Καὶ τὸ μὲν ἄλλο μέρος τῆς Καίσαρος τύχης ἔργον ἐφαίνετο (Labieno e Petreio, legati di Scipione, condussero il contrattacco, superarono di gran lunga le truppe di Cesare e inseguirono quelle che fuggivano con arroganza e disprezzo, fino a quando il cavallo di Labieno, colpito al ventre, lo disarcionò e i suoi compagni lo condussero via; Petreio, avendo messo con successo alla prova l'esercito e ritenendo di poter vincere in qualsiasi momento, fece interrompere l'attacco e rivolgendosi ai suoi disse: non portiamo via la vittoria al nostro comandante Scipione. E ciò sembrò essere un'altra fortuna per Cesare).