Ancora nell'anno 704=50 Cesare aveva richiesto per lui il supremo comando della Gallia cisalpina, sia per porre in mani sicure questo posto di fiducia, sia per promuovere al tempo stesso Labieno nella sua candidatura al consolato. Ma appunto in questa circostanza Labieno si mise in relazione col partito avversario, si recò al principio delle ostilità, nel 705=49, nel quartier generale di Pompeo invece di recarsi in quello di Cesare e combatté tutta la guerra civile con un accanimento senza esempio contro il suo antico amico e generale. Noi non siamo abbastanza informati né del carattere di Labieno né delle circostanze che lo decisero a cambiar bandiera (...) Secondo tutte le apparenze Labieno era una di quelle nature, le quali ai talenti militari associano la più crassa ignoranza politica, e le quali quando disgraziatamente devono o vogliano trattare di politica, si espongono a quegli insani eccessi vertiginosi, di cui la storia dei marescialli di Napoleone registra parecchi esempi tragi-comici. Labieno si sarà creduto in diritto di figurare come secondo comandante della democrazia vicino a Cesare; e non essendo stata riconosciuta questa sua pretesa, si sarà deciso di recarsi nel campo nemico" (48).
Saverio La Sorsa (49) rimarca la difficoltà nel comprendere i veri motivi che portarono Labieno alla defezione. "Occorre domandarsi a questo punto: quale fu la causa che indusse il nostro capitano a mutar partito in un momento cosi pericoloso; quali furono i motivi per cui egli, tanto ben voluto e ricompensato da Cesare, lo abbandonasse per difendere il suo avversario? La risposta non è molto facile per le insufficienti notizie che, sul riguardo, ci tramandarono gli antichi scrittori. Anzi essi sono discordi nel darne giudizio, né i moderni hanno affrontato con serenità la questione".