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I regimi autoritari e fascisti, in particolare, trovarono il loro principale sostegno di massa proprio nel ceto medio; mentre i partiti operai pagarono spesso duramente l'errore di averne sottovalutato la forza e di averlo giudicato fatalmente subalterno alle scelte della grande borghesia.
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Nel secondo dopoguerra, tutti i partiti di massa, compresi quelli di sinistra, hanno riservato un'attenzione crescente alle esigenze di questo strato sociale (da cui, fra l'altro, provengono in gran parte i quadri dirigenti dei partiti stessi) e hanno cercato di guadagnarne i consensi.
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Ciò è apparso tanto più necessario in relazione ai recenti sviluppi delle società industrializzate (innalzamento generale dei livelli di vita, crescita del settore terziario): sviluppi che, se da un lato hanno ulteriormente dilatato la consistenza numerica del ceto medio, dall'altro hanno reso meno netta la distinzione, in termini di reddito e di status sociale, fra classe operaia e piccola borghesia.
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Oggi si parla sempre più spesso, nei paesi economicamente avanzati, di una progressiva scomparsa delle classi tradizionalmente intese: o meglio di un loro assorbimento in un unico grande ceto medio che comprende ormai la maggioranza della popolazione, lasciando fuori solo alcune consistenti sacche di «nuova povertà» (non più coincidenti col proletariato industriale) e alcune esigue minoranze di ricchissimi e di privilegiati.