La Sorsa passa poi ad affrontare le posizioni di alcuni autori antichi e contemporanei. Critica il giudizio di Dione "come vago ed inesatto, giacché mai Cesare nei suoi Commentari accenna a questo fasto smodato del suo luogotenente e alla di lui superbia. Se qualche piccola colpa vi avesse avuto Labieno, sarebbe apparsa dalla minuta relazione, che della guerra gallica fa il suo duce, il quale avrebbe avuto interesse di esagerarne la gravità per vendicarsi dell' infedeltà mostratagli (...) E come può asserirsi che Cesare lo amasse meno di prima? Vi è forse nei suoi scritti alcuna parola, che dia a divedere questo celato rancore contro il suo superbo legato? Anzi, se ci atteniamo a quanto è scritto nei Commentari dobbiamo asserire il contrario, giacché poco prima che scoppiasse la guerra civile, egli lo aveva creato governatore della Gallia Togata. E come se ciò non fosse bastato, voleva preparargli il consolato (...) Se leggiamo le epistole di Cicerone troviamo che, mentre prima disprezzava Labieno, perché seguiva la volontà del suo duce, quando poi passa nelle file di Pompeo, loda la sua azione, lo chiama grande cittadino, eroe, poiché non aveva voluto essere compagno al suo generale nelle scelleratezze (...). Degli storici moderni i più accolgono senza discutere o l'opinione di Dione Cassio o quella di Cicerone; altri hanno creduto presentar delle ipotesi, che, secondo il nostro modo di vedere, soddisfano poco. Per esempio, il Duruy [Storia Romana, III, 56] dice che Labieno, fiero della sua gloria militare e delle ricchezze acquistate, credette di avere più meriti del suo capo nella conquista della Gallia; all'avvicinarsi della guerra civile calcolò le sorti delle due parti; immaginò che Pompeo sarebbe stato il più forte, e al principio dell'ostilità passò al suo fianco. Questa opinione non ci sembra accettabile, giacché Labieno, che per si lungo tempo aveva seguito il suo generale in tante spedizioni e aveva mille volte ammirato il suo genio militare, egli che conosceva quante forze erano pronte nella Gallia per qualsiasi impresa, certo doveva avere più fiducia in Cesare, se avesse ben calcolato le sorti delle due parti, che in Pompeo, le cui gesta sapeva solo di fama".