Cesare lo invitò ad un colloquio per convincerlo alla pace, ma egli declinò adducendo che nulla poteva fare senza l'autorizzazione dei consoli: Cesare quindi decise di assediare Brindisium. Per bloccare l'uscita dal porto della flotta pompeiana, non avendo navi per farlo, progettò la costruzione di una gigantesca diga, ma la profondità dell'acqua ne impedirono la costruzione e fece continuare le opere di sbarramento con delle zattere coperte di graticci e terra difese da parapetti e munite di ancora. Fu tutto inutile: Pompeo riuscì a prendere il mare e a rifugiarsi a Dyrrhachium. Cesare, ormai padrone assoluto d'Italia, entrò a Brindisium senza combattere e si mise a fortificare le coste orientali dell'Italia, mandò parte delle sue forze a conquistare la Trinacria e la Sardegna e poi puntò verso Roma. Qui espose le ragioni che lo avevano spinto a varcare il Rubicone armato e si dichiarò pronto a risolvere amichevolmente la contesa, proponendo una commissione che si recasse a trattare da Pompeo: ma nessun Senatore volle assumersi tale incarico, temendo le rappresaglie di quest'ultimo. Si impossessò poi delle ricchezze contenute nell'erario (15000 verghe d'oro ) che né Pompeo né il Senato avevano pensato di prelevare, nonostante l'opposizione del tribuno Cecilio Metello ( che minacciato di morte, tacque ) che gli servivano per pagare le truppe per portare la guerra in Hispania. Dopo aver lasciato il pretore Marco Emilio Lepido come prefetto dell'Urbe e Marco Antonio come prefetto d'Italia, partì alla volta della Hispania.